Romagna Capitale di Massimo Gramellini | 12 luglio 2019 Il Corriere
Dopo che una tromba d’aria aveva divelto ombrelloni e pini secolari nel pieno della stagione turistica, Milano Marittima avrebbe avuto tutte le ragioni per maledire il destino cinico e baro. Solo che non le è venuto in mente: aveva troppo altro da fare. Doveva coricare gli alberi sui lati della strada, recuperare le sdraio volate in mare, riparare i chioschi di piadina e accogliere i bagnini del circondario venuti a dare una mano non per buonismo, ma perché integrati nella stessa comunità.
Non dico che non le sarebbe piaciuto alzare gli occhi al cielo per prendersela con il riscaldamento globale e con il capro espiatorio perfetto: «Ma lo Stato dov’è?». Quante volte abbiamo sentito questa domanda accusatoria fiorire sulle labbra delle vittime di un disastro. Ma Milano Marittima non l’ha pronunciata. Si sentiva lei, lo Stato. In nove ore ha riaggiustato l’aggiustabile, trasformando una catastrofe in una nuova occasione di svago per i turisti, coinvolti nelle operazioni di recupero dei lettini come se si trattasse di una caccia al tesoro. Quando un sistema funziona, diventa naturale considerarsene parte. Anche chi, in un luogo sporco e caotico, sarebbe portato a comportarsi da menefreghista, inserito in un contesto di entusiasta operosità scopre dentro di sé risorse insospettabili di altruismo. In fondo non sarebbe difficile risollevare l’Italia. Basterebbe chiamarla Milano Marittima.
Il Centro di Ascolto della Caritas diocesana è il luogo privilegiato (perché consegnato dalla tradizione e confermato dall’esperienza) in […]
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